Storie di Videogiochi Blasfemi
Quelle volte in cui tra fede e videogiochi non sempre tutto funziona...
Bentornati su Giochi Sacri, la newsletter che racconta il mondo del Gaming and Religion. Dove il sacro incontra il profano, dove la fede diventa digitale, dove i videogiochi si intrecciano con la religione e dove la religione diventa un po' un videogioco. Se hai commenti o suggerimenti, scrivimi via mail o su Instagram, sarò felice di poterne parlare con te. E se questa newsletter ti piace, condividila con chi pensi possa apprezzare, più siamo meglio stiamo!
Gaming vs Religione
Il tema di questa settimana potrebbe essere sintetizzato così: ma videogiochi e religione vanno sempre d’accordo? Dipende!
In effetti, ci sono stati nel tempo diversi casi in cui i videogiochi sono stati accusati di non rispettare il sentimento religioso altrui, se non proprio di blasfemia, per come rappresentavano la religione e i suoi simboli.
Si tratta di un problema che riguarda la libertà di espressione di sviluppatori e sviluppatrici di videogiochi, che va bilanciata con quella delle persone a veder rispettato il proprio sentire religioso. Da una parte poter creare videogiochi liberamente, potendo rappresentare la religione, la spiritualità e l'immaginario religioso, e dall'altra non assistere, come credenti, a manifestazioni che attaccano o offendono la propria fede.
Alcuni di questi "scontri" sono particolarmente interessanti, perché mostrano alcune tendenze nuove per le religioni, e che il rapporto dei credenti con la sensibilità forse è meno rigido di quello che sembra.
Un primo caso particolarmente famoso è quello di Resistance: Fall of Man. Siamo nel 2007, la Playstation 3 è uscita da poco e tutti sono molto curiosi di vedere i nuovi titoli. Resistance è uno sparatutto in prima persona, ambientato in una versione alternativa della Terra del periodo degli anni 50, in bisogna difenderla da degli alieni invasori, le Chimera.
In un capitolo del gioco il giocatore combatte dentro una sorta di cattedrale, ma non una generica e del tutto immaginaria, ma dentro la Cattedrale di Manchester, luogo di culto molto importante per la Chiesa d'Inghilterra.
Da una parte creare videogiochi liberamente rappresentando la religione e l’immaginario religioso, dall'altra non assistere come credenti,
ad attacchi o offese alla propria fede
La Chiesa d'Inghilterra, o Chiesa Anglicana, è un'istituzione religiosa separata dalla Chiesa Cattolica intorno al XVI secolo, e che ha al suo vertice il sovrano inglese, quindi il Re o la regina d'Inghilterra - oggi Re Carlo III - è anche il capo della chiesa anglicana, anche se il primato è attribuito all'arcivescovo di Canterbury.
La rappresentazione abbastanza fedele degli interni della Cattedrale la rendeva ben riconoscibile a una persona che avesse la minima conoscenza del posto, perciò di fatto si metteva in scena una sparatoria con degli alieni all’interno di una riproduzione digitale di un luogo sacro.
Sparatorie in Cattedrale
La Chiesa Anglicana non ha preso bene questa sorta di “profanazione virtuale”, perché la sacralità del luogo, seppur digitale, era stata accostata a una scena di sparatorie al suo interno. La discussione con la Sony ha prodotto una vera e propria causa legale, in cui gli anglicani hanno chiesto o il ritiro del gioco, o la sua modifica, o anche da parte di Sony, donazioni ad associazioni del territorio di Manchester per la prevenzione della violenza.
Dal canto suo, Sony non accettava il fatto che il cosiddetto realismo della riproduzione implicasse una qualche “sacralità” del luogo. Secondo l’azienda giapponese il fatto che dentro un videogioco ci fosse la rappresentazione di un luogo di culto, seppur con quel livello di dettaglio, esso rimaneva comunque nell’ambito di una storia di finzione fantascientifica. Tra le altre cose, la Chiesa lamentava anche una probabile violazione di copyright secondo il diritto inglese, ma fu una questione ben presto accantonata in sede processuale.
In ogni caso, dal punto di vista giuridico, la causa appariva da subito in salita per la Chiesa Anglicana, principalmente perché non c'erano molte regole e leggi precise sul rispetto del sentimento religioso nel creare un videogioco su cui fare affidamento (spoiler: non ce ne sono molte neanche adesso).
Alla fine Sony, con un’opera di mediazione se vogliamo tipicamente giapponese, ha trovato una via d'uscita chiedendo scusa pubblicamente al fine di chiudere pacificamente la controversia.
E’ alquanto probabile che non si sarebbe arrivati a sentenza di condanna per l'azienda giapponese, ma in ogni caso il fatto che non ci sia una legislazione vera e propria sull’uso della religione nel videogioco, se da un lato assicura libertà, dall’altro rende difficile stabilire i confini che possono apparire necessari.
Del resto, è interessante vedere come il fatto che quello che comunemente chiamiamo “luogo sacro” di fatto è qualcosa a cui ci riferiamo pensando a un edificio di culto, un’opera architettonica lavorata con attenzione, di solito con qualche secolo sulle spalle. Eppure la Chiesa Anglicana ha ritenuto violata la sacralità non della Cattedrale di Manchester in senso fisico, ma della sua controparte digitale.
Il fatto che un gruppo religioso riconosce un valore sacrale anche a una rappresentazione 3D, vuol dire quantomeno che il senso religioso che si portano dietro i simboli religiosi nel videogioco non si perde solo perché si tratta di “chiese virtuali.” Le religioni, insomma, sembrano attribuire un valore sacro anche all'oggetto digitale.
In effetti sui luoghi e gli edifici religiosi, che per alcune tradizioni sono posti anche in senso geografico (come le montagne), per le religioni il loro carattere sacro dipende dal fatto, per esempio, che è stato dedicato al culto divino attraverso una benedizione o una dedicazione, come nel caso degli edifici di culto per le regole della Chiesa cattolica (il diritto canonico).
Le religioni sembrano effettivamente attribuire un valore sacro
anche a un oggetto digitale
Quindi è il rito di benedizione che eleva quel luogo al carattere sacro. In altri casi, dipende dalla presenza, in qualche modo, del divino, come nei luoghi sacri naturali dello Shinto, l’antica religione giapponese, per cui foreste, fiumi, montagne, templi, rivestono un carattere spirituale perché in essi risiede uno un kami. Insomma, in generale, un edificio o un luogo per avere un carattere sacro, più che certe caratteristiche fisiche, sembrano più importanti le circostanze che lo hanno portato a partecipare del mistero del Divino.
Per questo. forse non è poi così strano, pensando alle riproduzioni digitali con cui possiamo anche videogiocare, che una chiesa virtuale possa essere considerato pari o simile al valore della vera Cattedrale di Manchester.
Mucche a due teste…
Ci sono dei casi in cui viene fuori un vecchio tema nel mondo dei videogiochi, cioè il tema di quella che viene chiamata la censura, che spesso sta al confine con le procedure di adattamento. Capita che determinati videogiochi, magari perché prodotti in un Paese in cui c'è una certa abitudine culturale all'utilizzo della religione, quando vengono distribuiti in tutto il mondo, incontrano delle resistenze, magari perché quei contenuti si scontrano con il sentire religioso del luogo.
La saga di FallOut, per esempio, ha avuto dei problemi in India, perchè in in vari capitoli della saga è presente animale chiamato Brahmin (un nome che richiama la casta sacerdotale indù), una sorta di mucca a due. In India, per via della tradizione religiosa Hindu, le vacche sono sacre, perché in sostanza richiamano una delle forme del divino.
Questo ha rischiato di compromettere la stessa distribuzione di questi videogiochi nel territorio indiano, tanto che alla fine pare siano state necessarie delle vere e proprie modifiche per adattarle alla sensibilità religiosa locale, che attribuisce un particolare valore a quell'animale sacro.
…e Testi Sacri
Per le religioni, poi, anche i rispettivi testi sacri assumono un valore particolarmente importante, soprattutto per quelle che vengono chiamate - appunto - le religioni del Libro, cioè il Cristianesimo, l'Ebraismo e l'Islam. Tutte e tre queste religioni hanno una matrice comune nella tradizione abramitica del rapporto di Abramo con Dio, e anche se chiamano Dio in modi diversi, sono nel solco della stessa tradizione e hanno anche alcuni testi sacri in comune, in parte. E quindi, in queste tradizione, la parola di Dio, si ritrova e si interpreta a partire di testi come la Torah, il Nuovo Testamento o il Corano. Il testo assume così un valore fondamentale, perché racconta la storia di quella tradizione e contiene quello che si chiama diritto divino, le leggi che Dio ha dato agli uomini.
Quindi, quando in Tekken Tag 2, il picchiaduro Namco, qualcuno si è accorto che sul pavimento di uno scenario erano sostanzialmente riprodotti dei versi del Corano, questo ha causato un po' di malcontento.
Gli sviluppatori giapponesi, dal canto loro, non avevano intenzione di mancare di rispetto. Certo, forse la scelta di metterli sul pavimento, potenzialmente calpestati dai combattenti, forse non è stata una scelta molto felice (anche se allo stesso tempo può interpretarsi come indice di buona fede).
Pare che Katsuhiro Harada, che in Bandai Nanmco si occupa di Tekken, abbia fatto sapere anche su Twitter che nessuno sapeva nulla sul fatto che quelle frasi potevano essere dei riferimenti ai versetti coranici, e anche contenere la parola Allah (che in arabo significa Dio). Insomma, alla fine le proteste hanno portato alla richiesta di rimozione di questo particolare elemento.
Sempre in tema di Islam, possiamo citare il caso di Little Big Planet, che ha subito una modifica, perché tra le musiche del gioco ce n'era una che poteva effettivamente richiamare dei canti islamici, e quindi si è ritenuto che questo potesse portare a dei problemi. O ancora, rispetto a simboli e riferimenti dell'immaginario della tradizione islamica, in Zelda Ocarina of Time, il famoso caso del Fire Temple, uno dei dungeon del gioco, la cui musica di sottofondo pare richiamasse dei canti islamici, e quindi sia stata in seguito modificata.
E’ successa una cosa simile per il simbolo posto su uno degli scudi del gioco (quello del popolo del deserto Gerudo), che conteneva inizialmente una mezzaluna, molto simile a uno dei simboli dell'Islam.
Un artwork piuttosto vecchio dei primi episodi della saga mostrava Link, il protagonista, inginocchiato in preghiera in quella che ha tutta l'area di essere una chiesa cristiana e di fronte a un crocifisso. Questo artwork è un elemento un po' isolato, rispetto al successivo modo di Zelda di comunicare la religione. E’ possibile che l'impostazione iniziale dovesse essere quella di un mondo di Hyrule, dove The Legend of Zelda è ambientato, in cui c'era una sorta di diffuso monoteismo.
Qualche riferimento più diretto al cristianesimo era presente sin dal primo episodio, ma una volta che si è arrivati alle release oltre la terra nipponica è stato cambiato. Per esempio, la Bibbia come oggetto di gioco, che in Occidente è diventato un semplice “Libro Magico”.
Al tempo stesso, però, in A Link to the Past per Super Nintendo, un edificio e un sacerdote appaiono decisamente ispirati ai modelli di luogo di culto e di clero delle religioni occidentali.
Certo, ci sono casi in cui ci si chiede se era effettivamente il caso di utilizzare determinate ambientazioni. Nel secondo capitolo di Hitman, la saga dell’assassino Agente 47, una missione prevedeva che il protagonista dovesse portare a termine il suo obiettivo all'interno di un edificio religioso della tradizione dei Sikh, una comunità religiosa di che ha origine in India.
La scelta forse è stata poco avveduta, dato che hanno ambientato quella missione in una riproduzione riconoscibile di un luogo di culto Sikh in cui poco tempo prima era avvenuto un massacro, e il ricordo di un fatto sanguinoso realmente accaduto ha generato diverse reazioni di malcontento.
Dalla paura al dialogo
Alla fine, pur con qualche problema, davanti alla religione il videogioco non si ferma, dato che viene utilizzata di continuo, e con profitto, per la costruzione della sua narrazione e del mondo di gioco. La sensazione che sulla religione ci sia un cartello con su scritto “Fragile” però rimane, specialmente dal punto di vista di chi deve decidere se operare un certo adattamento, anche senza che ci sia stato un qualche feedback negativo dalle religioni stesse.
Per esempio, nel caso del citato Little Big Planet, alcune interviste ai rappresentanti di alcune comunità islamiche, hanno mostrato che l’inserimento di canti islamici non veniva considerato necessariamente come offensivo. Certi processi di adattamento nei videogiochi a volte sembrano un po’ frutto di un nostro un po' preconcetto, spesso occidentale, per il quale
pare che l'utilizzo della religione in “altri” contesti sia qualcosa di sbagliato e da evitare, nn po' come quando pensiamo che su un muro non possano coesistere due simboli di religioni diverse, come se partissimo dal presupposto che siano in contrasto tra loro.
Eppure, nei videogiochi religioni diverse in realtà convivono normalmente collaborano tra loro, in un modo che riproduce la realtà più di quanto non faccia l’idea che siano necessariamente in opposizione.
Le aziende tendono a autoregolamentarsi in modo “prudente”, in parte perché mancano regole generali sul tema, in parte perché hanno la preoccupazione di un feedback negativo anche in termini di mercato.
Per affiancare un riferimento più preciso all’autoregolamentazione, non mi sembra che una soluzione sia imporre dall’alto regole troppo rigide, perché rischiano di essere controproducenti e di non bilanciare sia la libertà di credere e di non credere con la libertà di espressione, anche artistica, degli sviluppatori di videogiochi. Con problemi anche per quei videogiochi sviluppati da parte delle comunità religiose o con scopi di educazione religiosa.
Quello di cui c'è bisogno forse sono dei principi condivisi, evitando un approccio basato sull’idea di sanzionare immediatamente, cercando anche di rafforzare il dialogo tra comunità religiose e mondo dei videogiochi, per il beneficio reciproco.
Qualche suggerimento di lettura…
Baldetti Simone, Profili giuridici della digitalizzazione del patrimonio culturale di interesse religioso, in G. Mazzoni (a cura di), Il patrimonio culturale di interesse religioso in Italia. Religioni, diritto ed economia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2022, p. 152–161.
Morelli Dario, E Dio creò i media. Televisione, videogame, internet e religione, Baldini e Castoldi, 2014.
Wagner Rachel, This Is Not a Game: Violent Video Games, Sacred Space, and Ritual, in Iowa Journal of Cultural Studies, online Clicca!