Bentornati su Giochi Sacri, la newsletter che racconta il mondo del Gaming and Religion. L’episodio di oggi parla della saga di The Legend of Zelda, importantissima serie di videogiochi della Nintendo, partorita dalla mente di Shigeru Miyamoto - che è anche il creatore di Super Mario - che racconta le avventure fantasy dell’eroe Link e della Principessa Zelda. Si tratta di una saga tra le più influenti nel mondo dei videogiochi, e nel corso degli anni ogni nuovo capitolo quasi sempre contribuiva a definire degli standard videoludici della sua epoca. Non posso negare la sua influenza neanche su di me, essendo una delle mie saghe videoludiche preferite. Cominciai con il primo capitolo sul NES e, con pochissime eccezioni (avete detto Philips CD-i? Quei capitoli non esistono!) li ho adorati tutti.
Vediamo insieme il rapporto della saga con la religione, passando da momenti di difficoltà per la necessità di adattamenti, fino al punto in cui Zelda crea una sua originale mitologia religiosa. In effetti vista l’importanza di Zelda all’interno del mondo di Nintendo l’aggettivo “di culto” calza a pennello. Non per niente tra i fan è conosciuta anche come parte di quella che viene chiamata Trinità Nintendara, Mario-Zelda-Metroid. Al bando gli indugi, cominciamo!
Puoi anche ascoltare questo episodio nel podcast!
L’inizio di una saga “monoteista”
La saga di Zelda, visti tutti gli anni che ha sulle spalle, ha una lunga tradizione di rapporti con l'elemento religioso. Nei primi capitoli del gioco è molto presente un richiamo a un immaginario e a tematiche che possiamo ricondurre al cristianesimo, ma in generale al monoteismo, alle religioni che basano il loro rapporto su quello con un Dio unico trascendente, e di conseguenza in una situazione di dualismo dell Bene contro il Male.
Il primo episodio di Zelda in effetti ha molti richiami a elementi cristiani, per esempio la Bibbia, che nella release occidentale statunitense poi è diventato un libro magico. Ci sono stati altri riferimenti che, al di là dell questione della possibile offesa alla sensibilità, si portano dietro questo tema della lotta contro il Male.
Il protagonista, Link, soprattutto nel primo capitolo per NES e in A Link to the Past per Super Nintendo, è un personaggio che vuole richiamare non solo l'archetipo del viaggio dell'eroe, ma anche l’archetipo dell'eroe buono, senza macchia. Link incarna valori positivi, guidato dalle forze divine deve salvare la principessa e riportare la pace nel mondo attraverso un artefatto sacro e potentissimo, conosciuto come la Triforza.
Questa Triforza, rispetto al dualismo delle forze del bene di Hyrule contro quelle del male spesso capitanate da Ganon o da Ganondorf, è un artefatto non solo magico ma anche sacro perché deriva direttamente dalla cosmogonia di Hyrule, dalla sua creazione, da quello che le leggende sparse nei vari episodi della saga di Zelda ci raccontano.
Ocarina of Time ci racconta la storia della creazione del mondo. Le tre dee, Din, dea del potere e del fuoco, Nayru, dea della Saggezza, legata all'Acqua, e Farore, divinità del Coraggio, legata all'elemento del Vento. Queste tre misteriose divinità non le vediamo mai chiaramente. Il loro nome e le loro azioni si perdono nell'eco della leggenda, eppure si racconta che abbiano creato, dopo aver generato il mondo con i loro doni, la Triforza, un artefatto sacro in grado di dare poteri sconfinati a chi lo detiene, realizzando ogni desiderio.
La Triforza di per sè è un artefatto neutro, non è né buono né malvagio, il suo effetto dipende da chi lo brandisce. Occorre però che chi lo utilizza abbia un equilibrio nelle tre forze che le Dee presentano: la Saggezza, il Coraggio, il Potere. La Triforza rappresenta in qualche modo una tentazione per l'essere umano, se la vogliamo vedere dal punto di vista cristiano, un oggetto dagli infiniti poteri in grado di portare prosperità al mondo, ma che al tempo stesso potrebbe anche essere latore di rovina e morte.
Il frammento del Potere, uno dei triangoli di cui è composta la Triforza, è probabilmente quello più difficile da maneggiare. La ricerca del potere tende verso l'assoluto, tende verso la prevaricazione degli altri e del mondo.
Nel mondo di Zelda alcuni aspetti sono ciclici, e questa ricerca del potere che deve essere arginata pare essere un elemento ricorrente, in cui alcune cose di capitolo in capitolo si ripetono. C'è sempre un Link, che di solito è custode del frammento della triforza del coraggio, Zelda della saggezza. Ganondorf, quando presente, o è nato per ospitare il frammento della Triforza del potere oppure cerca di ottenerlo e di ottenere tutta la Triforza. In qualche modo è come se avesse il peso maggiore sulle spalle Ganondorf, destinato a un Potere che non farà che corromperlo.
Poco prima che uscisse l'ultimo capitolo Tears of the Kingdom i fan speculavano se forse Ganondorf avrebbe avuto un ruolo diverso, se sarebbe potuto essere dei “buoni”, per una volta. In effetti è interessante come teroia, perché in questo dualismo colui che rappresenta spesso la forza del Male quello che in un certo senso ha il peso più grosso sulle spalle, perché è quello destinato a incarnare il potere, la ricerca del potere e quindi più vicino sul confine dell'estremo, passare da una neutralità a una malvagità verso il mondo.
Nei primi capitoli di Zelda questo dualismo bene e male è molto presente, perciò abbondano i riferimenti alle religioni monoteiste, in quelle prospettiva religiose dove Dio fonda le regole su come dovrebbe funzionare il mondo e come si dovrebbero comportare gli uomini. In tradizioni di questo tipo ci sono spesso due opposti, per esempio la figura del Diavolo tentatore che si oppone all'amore e alla benevolenza delle regole di Dio.
Sensibilità diverse e shock culturali
Alcuni esempi dei riferimenti alla prospettiva monoteista sono le somiglianze con i canti islamici nella colonna sonora del Fire Temple di Ocarina of Time, o gli artwork dove Link viene riprodotto inginocchiato in adorazione davanti a quello che è a tutti gli effetti un tipico crocifisso cristiano. Questo tipo di riferimenti porta tracce dirette delle religioni del nostro mondo, le real life religions, all'interno dei videogiochi. Sono questo tipo di riferimenti che in qualche occasione a Zelda hanno causato qualche problema.
E’ possibile che gli sviluppatori giapponesi avessero sottovalutato la sensibilità religiosa degli Occidentali, o forse al contrario sono stati troppo prudenti. In ogni caso, spesso simili contenuti sono stati adatattati e modi ficcati, al fine di rispettare la sensibilità religiosa altrui.
E' anche vero che a volte capita semplicemente di non comprendersi. Se osserviamo uno dei dungeon del primo episodio di Zelda per NES, il terzo livello per la precisione, non notiamo niente di strano mentre ci aggiriamo per la mappa del sotterraneo.
Uno screen che mostra dall'alto l'interezza della mappa mostra la forma particolare di quest'ultima. Dal punto di vista di un europeo, di un occidentale, la prima cosa che viene in mente non richiama ricordi felici nella nostra storia…

Sembra in effetti una qualche forma di svastica, anche se un po' diversa rispetto a quello che siamo abituati a vedere noi occidentali. In effetti, non si tratta di un riferimento maldestro o inadeguato. Si tratta invece di un riferimento religioso-culturale che per i giapponesi e le popolazioni asiatiche fa parte del consueto background normalmente, ma per noi è meno familiare, e quindi questo ci mette in uno stato di preoccupazione perché lo confondiamo appunto con la svastica nazista. Un caso di shock culturale, di turbamento per l’incontro con qualcosa di inconsueto per il nostro bagaglio culturale.
Quel simbolo è conosciuto come Manji ed è un simbolo religioso antichissimo associato perlopiù alla tradizione buddhista, ma si può trovare anche riprodotto in altri templi in Giappone. Indica porta benevolenza e prosperità. Insomma può capitare di non capirsi e di subire uno shock culturale da una parte o dall'altra.
La saga di Zelda, con i suoi riferimenti religiosi di matrice sia occidentale sia orientale, diventa un luogo d'incontro e un'occasione di connessione tra modi diversi di concepire e anche di rappresentare dal punto di vista dei simboli la spiritualità.
Una tradizione religiosa zeldiana
Nel corso degli anni, soprattutto dopo Ocarina of Time, alcuni capitoli affrontavano il tema della persecuzione di interi popoli in ragione della loro diversità (Twilight Princess), mentre in Wind Waker le motivazioni del cattivo di turno, Ganondorf, assumono un po' dei chiaroscuri, perché dal suo punto di vista quello che fa è per salvare in qualche modo il suo popolo che lo vede come oppresso dall'elite dominante di Hyrule. La ricerca del potere della sacra Triforza è un'occasione di riscatto per Ganondorf per uscire dalla sopraffazione del gruppo di potere degli Hylia, a prima vista belli, buoni e benedetti dalle Dee, ma dal suo punto di vista oppressori.
Con Skyward Sword si inaugura un nuovo modo per Zelda di affrontare le tematiche religiose comincia una sorta di tradizione religiosa zeldiana.
La saga di inizia a creare suo linguaggio religioso proprio, al di là della rappresentazione di tradizioni esistenti, tant'è che negli studi che hanno affrontato questo argomento si parla di “Hylianesimo” (Hylianism).
I primi usi di Zelda della religione consistevano in una rappresentazione di immagini, simboli di fedi esistenti (come Cristianesimo o l’Islam. Utilizzavano in particolare gli schemi, i simboli di certe tradizioni che per i giapponesi sono tradizioni Altre, il luogo per loro esotico, magari per loro lo stereotipo vuole che più o meno siamo anche un po' tutti cristiani, anche se questo non è sempre vero.
Si passa dunque da dei riferimenti a livello di simbolismo alla creazione di schemi di un linguaggio religioso proprio. La tradizione della leggenda della creazione del mondo da parte delle tre dee che poi hanno lasciato in dono al mondo la Triforza viene in parte dimenticata, e nel tempo e assume più rilevanza la Dea Hylia . Diventa così predominante questa divinità che possiamo anche vedere più chiaramente a partire da Skyward Sword, in cui tocchiamo più con mano la tradizione di reincarnazione della dea in una giovane fanciulla, Zelda.

Ci viene raccontata la storia di come la dea ha sollevato Skyloft per salvarlo dall'infestazione di demoni che ne mettevano in pericolo il popolo. In qualche modo il modello seguito è quello monoteista di una divinità unica, che ritroviamo più facilmente nelle statue, nei templi, c'è anche una gerarchia ecclesiastica e una sorta di casta sacerdotale più definita, a seconda dei capitoli.
Ci sono anche dei rituali originali di questo “Hylianesimo”, raccolti e codificati, il rituale del volo in Skyward Sword, l'accettazione pacifica che una determinata fanciulla è la reincarnazione della dea, il legame della famiglia reale di Hyrule con la tradizione divina della Triforza.
Trovo interessante che in zeld Zelda crea un suo immaginario religioso che gli serve per raccontare la propria storia, che prende spunto da un certo modo di descrivere la spiritualità di alcune religioni, ma mescola tutto ed è come se il videogioco creasse una religione, è come se il videogioco donasse un senso, una fede agli NPC che popolano quel mondo.
Da Occidente a Oriente
Oltre a quelli più occidentali e alla costruzione di un’immaginario proprio, Zelda coltiva tutto questo con altri riferimenti spirituali più legate alle tradizioni giapponesi locali,. Per esempio lo Shinto, un'antichissima religione, quello che noi chiamiamo adesso Shinto è un insieme di pratiche, di rituali che risalgono al Giappone delle prime comunità e che in seguito si sono sono stati perlomeno raccolti in una forma abbastanza consolidata. Il suo fulcro consiste nell'adorazione dei Kami, gli spiriti della natura, gli spiriti che risiedono all'interno di oggetti, di edifici, spiriti elementali, il fuoco, il fulmine, mare, la terra,. Anche i luoghi sacri sono tali in virtù dei Kami presenti, come le foreste o le montagne.
Lo Shinto ha anche una particolarità in Giappone, ha un profondissimo legame con il potere dell'imperatore. Nella tradizione Shinto l'Imperatore è discendente di Amaterasu, la dea del sole . Per esservi precisi tutta l'intera dinastia imperiale, che per i giapponesi è una e ininterrotta, discende dagli dèi perché il primo imperatore, il primo leggendario imperatore Jinmu, sarebbe stato un discendente di Amaterasu.
Questi due concetti, l'armonia mondo spirituale-mondo naturale, l'uomo e il legame con l'imperatore e quindi con il potere dello Stato, sono parte di un background culturale che finisce anche in videogiochi come Zelda.
In moltissimi episodi di Zelda abbiamo personaggi come Navi o Fi, lo spirito guida che aiuta e supporta Link e di conseguenza il giocatore durante la sua avventura.
E quante volte ci avventuriamo nel bosco dei Kokiri, in questi ambienti che non solo sono boschi fiabeschi in cui è anche possibile perdersi se non si fa attenzione, ma luoghi pervasi da una profonda aura di spiritualità.
In Skyward Sword abbiamo dei momenti in cui andiamo nel mondo spirituale, che è una sorta di copia del mondo reale in qualche modo sovrapposto. Questo riproduce molte concezioni di questa spiritualità giapponese tradizionale per cui uomini, Kami, questi vari spiriti, animali e il mondo della natura sostanzialmente fanno parte del medesimo universo. Noi non siamo in grado di vedere i kami eppure loro sono lì. Non c'è una gerarchia vera e propria come nelle religioni monoteiste, sono tutti sullo stesso piano, fanno tutti parte dello stesso mondo e Zelda questo lo fa vedere continuamente attingendo da questo immaginario.
L'altro aspetto, quello del legame con l'Imperatore del Giappone, lo possiamo vedere soprattutto nell'ultimo capitolo, Tears of the Kingdom.
Il fatto che l'Imperatore discenda dalla divinità fa sì che nelle leggende dello Shinto tradizionale vi sono molte storie di una sorta di popolo divino. I discendenti umani degli dèi che si sono stabiliti sulla terra e hanno dato vita dei regni, hanno qualità semidivine. Ricorda insomma gli Zonau di Tears of the Kingdom, la popolazione semidivina che nel gioco all’inizio si ritiene perduta, le cui rovine si trovano un po' nel cielo di Hyrule, un po' sono precipitate sulla terra e hanno tecnologie avveniristiche. Esse hanno un'aura sacra, evidentemente un richiamo a quel tipo di immaginario. Non sono creature aliene di un altro mondo, sono creature dello stesso mondo ma che hanno un'origine divina diversa.
Del resto se si fa caso all'architettura di Tears of the Kingdom vediamo che spesso nei templi, nei santuari, nei sagrari, nelle isole sparse per il cielo di Hyrule troviamo riprodotta l'architettura del Torii, un edificio tradizionale dello Shinto che notiamo in moltissimi luoghi in tutto il Giappone, che è una specie di porta, un ingresso tra il mondo materiale degli uomini e quello spirituale. Attraversandola è come se si entrasse in un altro regno ed è effettivamente quello che fa Link quando entra uno dei sacrari di questo capitolo per la sua prova, non rimane nel mondo ma entra in un altro piano astrale, se vogliamo dirla così.
Si tratta di qualcosa di difficile da comprendere per noi che non abbiamo gli stessi riferimenti culturali di un giapponese, ma che proprio per questo rende questo tipo di videogiochi più affascinante. Il fascino di Zelda deriva anche dai suoi riferimenti, dal modo in cui tratta la sacralità della natura, di tutta la vita, nel momento in cui promuove l'armonia tra le diverse razze che compongono il mondo di Hyrule e i regni circostanti. La saga di Zelda si riferisce a determinati modi di vedere il mondo che sono occidentali e anche orientali, facendo un po' da ponte tra Oriente e Occidente.
Quando giochiamo a Zelda possiamo sperimentare questi modi diversi di concepire il sacro e proprio come attraversando un Torii passiamo da un piano all'altro, dall'Occidente all'Oriente, dall'Europa da dove siamo noi al Giappone. E questo non solo aggiunge fascino e divertimento, ma ci fa imparare qualcosa, facendoci entrare in contatto quello che per noi è l'Altro.
Letture per approfondire
Walls, Jonathan L., a c. di. The Legend of Zelda and Theology. Hollywood, CA: Gray Matter Books, 2011.
A. M. Pearson, The Legend of Zelda: A Religious Record, in Scientia et Humanitas, fasc. 9, 2019.
M. Raveri, Itinerari del sacro. L’esperienza religiosa giapponese, Cafoscarina, 2006.
J. Breen-M. Teeuwen, Lo shinto. Una nuova storia, Astrolabio Ubaldini, 2014.
S. Baldetti…ne riparliamo tra un po’👀