Benvenute e Benvenuti su Giochi Sacri, la newsletter che racconta la storia degli incontri tra religione e videogiochi, anche detto Gaming and Religion. Dove il sacro incontra il profano, dove la fede diventa digitale, dove i videogiochi si intrecciano con la religione e dove la religione diventa un po' un videogioco.
Tu chi sei?
Per chi non mi conoscesse, mi chiamo Simone Baldetti, sono un docente universitario e mi occupo di rapporti tra diritto e religione. Mi sono chiesto se i videogiochi hanno qualcosa da dire su questo aspetto, su che rapporto ci sia tra il gaming e la dimensione sacro, e se questo determinasse questioni giuridiche significative.
Devo confessare che mi si è aperto un mondo, perciò mi sono imbarcato in una specie di "viaggio dell'eroe" per un'avventura in cerca di risposte, e durante il mio lavoro di ricerca ho pensato che sarebbe stato interessante e magari utile raccontarlo in una forma diversa da quella accademica.
Altra confessione: un conto è la ricerca accademica, ma questo è un lavoro che non so (ancora) completamente come fare. Sono un accademico, non ho problemi a parlare in pubblico o a tenere una lezione universitaria, ma questa cosa del podcast e di questo modo di comunicare, lo sto ancora imparando. Perdonatemi eventuali problemi ed errori, step by step (citazione necessaria) conto di migliorare, anche con il vostro aiuto.
Non volevo limitarmi a produrre qualcosa nell'ambito accademico, ma volevo che a partire da questa prospettiva di ricerca ci fosse qualcosa che fosse condivisibile. Mi piaceva l'idea di poter condividere quindi comunicare con altri appassionati di videogiochi, così come con persone che lavorano all'interno di videogiochi e poter discutere di come la religione incontra i videogiochi.
In principio era il Verbo, poi venne il Gioco…
Elden Ring, The Legend of Zelda, Assassin's Creed, Persona, Doom, tutti questi giochi, insieme ad altri, hanno fatto la storia del medium videoludico e hanno tutti una cosa in comune, che a volte è evidente e che a volte è un po' nascosto, che a volte è anche un po' problematico, insomma tutti hanno qualcosa che riguarda le religioni.
Sin dall'inizio del medium il videogioco ha utilizzato l'immaginario religioso anche per raccontare le proprie storie. Per parlare di questo possiamo partire proprio dagli albori della storia dei videogiochi, dai tempi in cui questi erano composti a livello grafico solamente da pochi pixel, che a prima vista non erano sufficienti per raccontare come si deve una storia. Eppure, forse proprio per questo, aumentava ancora di più la capacità creativa degli sviluppatori.
Negli anni del primo Castlevania pochi pixel erano sufficienti per rappresentare una croce, l'arma della famiglia Belmont utilizzata in molti capitoli del gioco come arma contro Dracula. L'utilizzo della croce deriva dal fatto che si tratta di un simbolo religioso, che si porta dietro tutto un mondo di significati, tra cui il fatto che il carattere sacro di un oggetto è uno strumento efficace contro il Male. Per la stessa ragione, un'altra arma di Castlevania è costituita dall'acqua santa, una boccetta di liquido sacro che possiamo lanciare e da cui scaturiscono fiamme che sono letali per vampiri e altri nemici del gioco. Insomma, anche le limitate capacità grafiche delle prime console come il NES di Nintendo erano in grado di riprodurre un simbolo religioso immediatamente riconoscibile.
Questo fatto per i videogiochi diventa un incredibile risorsa, perché da la possibilità di riprodurre qualcosa che per milioni di persone nel mondo rappresenta dei valori religiosi. I simboli in generale e in particolare quelli religiosi, come il crocifisso, la mezzaluna della tradizione islamica, o i simboli dell'induismo, del buddismo, dell'ebraismo, rappresentano dei valori delle tradizioni a cui le persone fanno immediatamente riferimento e che per loro sono estremamente importanti. Il videogioco attinge da simboli che suscitano sentimenti di devozione e rispetto per le persone.
Storie religiose e storie videoludiche
Un altro aspetto è costituito dalle storie, dall'immaginario religioso, che per il videogioco diventa uno strumento utile per costruire sia il mondo di gioco (il worldbuilding), sia quella che oggi chiamiamo la lore, sia gli aspetti del gameplay.
In effetti, una delle affinità tra religione e videogiochi è che entrambi raccontano storie. Se prendiamo un libro sacro di una qualsiasi religione, vediamo subito il loro approccio narrativo. La Bibbia, in particolare l'Antico Testamento è la storia del popolo ebraico, delle sue vicende, delle guerre e delle sconfitte, del rapporto con quel Dio che li premia e li punisce. Del resto, anche il Vangelo è in fondo un racconto di vita, la storia della vita di Gesù.
Tutte queste storie entrano facilmente nella narrazione videoludica, o direttamente, come nel caso del videogioco I am Jesus (che stanno in questo momento sviluppando), oppure anche in parte, utilizzando alcuni riferimenti diretti, interpretando qualche tema religioso, che tutti insieme che contribuiscono a diventare parte della narrativa del videogioco.
Perciò, i narrative designer e i game designer lavorano anche a partire da questo tipo di fonti per costruire il videogioco.
Un esempio di immaginario religioso riprodotto è quello del videogioco Devil World (1984). Devil World non è mai arrivato tra l'altro se non in anni recenti in tutto l'Occidente (forse per via dei riferimenti religiosi). Nel gioco, un draghetto doveva fuggire dal diavolo il demone del titolo che spostava continuamente la schermata verso destra verso sinistra, e i nemici potevano essere sconfitti dal protagonista solo dopo aver guadagnato croci e Bibbie che davano i poteri necessari. Quindi ancora una volta la Bibbia, come testo avente carattere sacro, è tale sia nel nostro mondo che per il mondo digitale.
Per ricevere tutte le uscite della newsletter, iscriviti qui:
Luoghi e gruppi di fede virtuale
Oltre ai simboli, un altro elemento dell'immaginario religioso è quello che possiamo vedere tutti i giorni per strada, cioè tutti quegli edifici e tutti quei luoghi di culto come le chiese, che colleghiamo normalmente alla dimensione del sacro. L'uso di luoghi religiosi nei videogiochi è molto frequente, per esempio nei Souls di From Software, luoghi dove c'è la possibilità di infondere le armi con l'elemento sacro, o Final Fantasy dove si accede alla magia Holy (Sacro), dalla peculiare capacità di essere molto più efficace verso le creature non morte. La dimensione del sacro per eccellenza a livello di edifici per noi occidentali è costituita dalla chiesa cristiana e anche nei videogiochi le chiese si portano dietro questi valori.
In Dragon Quest, la famosa saga dj RPG di Square Enix per salvare la partita dobbiamo recarci in una chiesa, che prima ancora di essere un posto in cui possiamo salvare i nostri progressi, la chiesa è un luogo sacro tale per cui i mostri che normalmente incontriamo nella mappa di gioco, non possono entrare. In un gioco di ruolo che ha il suo perno nei combattimenti casuali non solo nei dungeon, ma anche nel mondo di gioco, la chiesa è un vero e proprio luogo di salvezza, un luogo per antonomasia come luogo religioso
e che da protezione a quelli che si rivolgono a essa e che si rifugiano al suo interno.
Nei videogiochi poi non solo trovano spazio le chiese e gli altri luoghi di culto, ma anche le organizzazioni che fanno capo alle religioni.
Qualche tempo uscì una ricerca che ebbe una certa risonanza sui giornali, anche quelli di critica videoludica, un saggio di Greg Perreault in cui si prendevano in esame titoli come Assassin's Creed e Final Fantasy 13, dove le organizzazioni religiose nei videogiochi venivano tendenzialmente rappresentate come qualcosa di negativo o violento. Nonostante lo scalpore sui giornali del periodo, la ricerca anzitutto utilizzava alcuni casi studio, inoltre concludeva con l'affermazione che lo scopo degli sviluppatori non era attaccare la religione, bensì essa si prestava a interpretare il ruolo del villain.
Per esempio, a fini narrativi viene spesso inserito nei videogiochi un piccolo gruppo religioso particolarmente violento o estremista, oppure un'istituzione religiosa strutturata, potente, collegata magari a uno dei tanti imperi contro cui devono combattere i protagonisti dei giochi di ruolo giapponesi.
Quello tra religione e potere politico è in effetti un rapporto antico, e la rende un candidato perfetto per ricoprire il ruolo di villain istituzionale che ha deviato dal suo messaggio religioso positivo in qualcosa di pericoloso e dittatoriale.
Si tratta in fondo della rappresentazione di dinamiche che siamo abituati a vedere nel mondo reale, dove l'attività caritatevole delle religioni e i loro valori positivi possono anche venire travisati e distorti, per esempio da gruppi radicalizzati che sfociano nel terrorismo, o in regimi statali che utilizzano la religione come strumento per imporre le proprie politiche dittatoriali.
Regole di Fede e Game Design
Un altro aspetto significativo, che in parte richiama quello del rapporto tra religione e potere, è come le regole di funzionamento delle religioni vengono integrate dentro le dinamiche di gameplay dei videogiochi.
In effetti, le religioni si esprimono normalmente attraverso la predisposizione di regole. Per le religioni cosiddette occidentali (come l'Ebraismo, il Cristianesimo, l'Islam), queste regole derivano dalla volontà di Dio (il "Diritto Divino"), mentre per quelle orientali esse si ricavano dall'osservazione di leggi universali (il karma e il dharma di buddismo e induismo, il Tao del Taoismo...) che muovono il mondo, e non c'è un rapporto con un solo Dio trascendente (Dio non c'è, oppure ce ne sono tanti).
In molti casi la struttura del gameplay dei videogiochi sono il risultato della digitalizzazione di queste dinamiche di Fede.
La “Fede” come la statistica, spesso utilizzata nei giochi di ruolo, come nella saga di Dark Souls e di Elden Ring, che il giocatore può aumentare per accrescere il suo attributo "Sacro" e per poter mettere in atto i "Miracoli", che dal punto di vista del gioco sono incantesimi o magie, manifestazioni di un collegamento religioso tra la Fede - seguire le regole - della propria religione e la conseguente protezione divina, potendo compiere gesti e riti sacri.
Allo stesso modo, quando in Dragon Quest ci si reca in chiesa per salvare la partita, quello che si fa è cliccare sul pulsante di gioco "Confessione" dopo aver parlato col sacerdote (o in qualche episodio caso alla suora): il personaggio raccontano "i propri peccati", in qualche modo la storia fino a questo punto, e così facendo salva la partita. Insomma, si salva la partita riproducendo il sacramento cattolico della confessione, in cui ci si riavvicina a Dio attraverso il racconto dei propri peccati al sacerdote e al pentimento, proprio come nella linea di dialogo del sacerdote di Dragon Quest, che dice al giocatore "confessa i tuoi peccati, figliolo". Insomma, anche se senza essere parte di una religione, il giocatore attraverso il videogioco sperimenta regole, simboli e rituali religioni.
Ci sono molti modi in cui la religione e le regole religiose possono diventare parte del game design, quello che è pare certo è che, come ha ricordato anche Joshua Ortega, che ha lavorato a Gears of War 2, è che la religione è fondamentale per produrre giochi sempre più culturalmente significativi. L'utilizzo dell'immaginario e delle tematiche religiose tocca le corde di chiunque, sia dei credenti che dei non credenti, e temi esistenziali e sociali che interessano a tutte le persone . Naturalmente, questa ricchezza contribuisce anche ad un maggiore successo commerciale dei videogiochi; particolare non secondario, soprattutto per chi lavora nel settore.
Un videogioco che incorpora temi strettamente religiosi nel suo gameplay è The Binding of Isaac, che racconta la storia la storia di una madre che guarda programmi televisivi cristiani e che sente la voce di Dio, che prende un po' troppo sul serio...
Altri (sì Nier Automata, sto parlando di te) riguardano le grandi domande dell'esistenza, Chi siamo? Dove andiamo? Perché esistiamo? Le stesse domande a cui le religioni cercano di dare risposta, cercando di spiegare lo scopo della vita, regolare il posto di una persona in una società, svelare il senso delle cose.
Papers Please, videogioco che ci mette nei panni di un funzionario di frontiera, che affronta di petto il tema della regolamentazione dell'immigrazione, si interroga sulla pietà e su passaggi di confini statali che possono significare la vita o la morte, o in ogni caso cambiamenti profondi e momenti di incontro con culture e religioni diverse. Paper Please come altri affronta quei temi che tradizionalmente sono occasioni per riflettere da parte del pensiero religioso.
Insomma, i videogiochi, per trovare nuovi stimoli non solo utilizzano quello che può essere arricchente per loro da parte delle tradizioni religiose, ma condividono con queste la riflessione su temi sociali che ci riguardano tutti.
La cosa affascinante, e anche appassionante, è che che tutto questo riesca a essere mescolato con l'intrattenimento, con il gioco. Il videogioco ha infatti ha questo potenziale, ha la capacità di portate alto e basso, sacro e profano. Valori importanti per le comunità e anche una distrazione o un divertimento.
Un divertimento, ma sempre significativo.
Grazie per aver letto questo episodio di Giochi Sacri!
Il progetto, il podcast e la newsletter, é oggi gratuito, esattamente come i video del suo canale Youtube e gli altri contenuti. E’ un lavoro che conta sulle mie forze e la capacità di organizzare il tutto, ma voglio che sia condivisibile e aperto a chiunque. Se ti piace e trovi che siano contenuti di valore, puoi aiutarmi a sostenere il progetto attivando un abbonamento alla newsletter.
Se preferisci, puoi anche dare un supporto una tantum tramite Paypal (clicca qui!) o su Ko-fi (clicca qui). Oltre alla mia gratitudine imperitura, sarai in ogni caso in prima linea per ricevere gli upgrade del progetto (sì, ce ne saranno!).