PlayHer. Giocare col femminile
Qualche parola su un bel libro che analizza i personaggi femminili nei videogiochi
Bentornati su Giochi Sacri, la newsletter che racconta il mondo del Gaming and Religion. L’episodio di oggi è dedicato a un libro uscito in questi giorni che indaga le rappresentazioni femminili nei videogiochi, un tema molto attuale e interessante, che Giulia e Francesco affrontano con passione. Appena terminata la lettura non vedevo l’ora di parlarvene.
Pronti, via!
Indagare i personaggi femminili nei videogiochi significa interrogarsi sul nostro immaginario e sul mondo che abitiamo
Basterebbero queste righe, riportate nel retro di copertina, per spiegare la ragione per scrivere, ma soprattutto per leggere, un libro come PlayHer. Rappresentazioni femminili nei videogiochi.
Giulia Martino, giurista, scrittrice e critica videoludica, e Francesco Toniolo, docente universitario esperto di videogiochi, hanno realizzato un Volume che guarda a varie tipologie di rappresentazioni di personaggi femminili nei videogiochi, con uno sguardo d’insieme che attraversa passato e presente, non solo del videogioco come medium, ma del mondo in cui viviamo.


Del resto, il tema della rappresentazione delle identità (locali, etniche, culturali, religiose e, appunto, di genere) è un tema sempre più sentito negli ultimi tempo, non solo nell’industria videoludica.
Questo libro attraversa il mondo dei videogiochi con dei capitoli che si concentrano alcuni su personaggi specifici (come Lady Dimitrescu di Resident Evil Villagge o la principessa Zelda dell’omonima saga), altri ancora attorno a videogiochi significativi da questo punto di vista (Summoner 2, Disco Elysium), oppure partono da figure femminili realmente esistenti, come per il capitolo dedicato al ritratto videoludico della paleontologa Mary Anning.
Dal mio punto di vista, trovo significativo come una sorta di eco sacra attraversi gran parte del libro, avvolgendo e plasmando i destini delle donne videoludiche, che ri-plasmano gli ecosistemi religiosi a loro volta.
In alcune occasioni PlayHer mostra le discriminazioni e gli estremismi a cui può arrivare l’eccessivo rigore religioso che tiene conto di concezioni superate o che diventa mero strumento di oppressione, come nel caso delle pagine dedicate alla figura della strega Bayonetta dell’omonimo videogioco, che diventa un’occasione di ridiscutere sull’immaginario collettivo della figura della “strega” e delle vicende legate alle persecuzioni nel periodo dell’Inquisizione. Qui, come nel resto del libro, queste tematiche vengono trattare con equilibrio e rigore scientifico nel metterne in evidenza il quadro reale invece che delle narrazioni stereotipate.
Altre volte le donne dei videogiochi analizzate da Giulia e Francesco vivono in un contesto in cui sono il focus dell’ecosistema culturale e religioso di riferimento. L’analisi delle figure femminili di Horizon Zero Dawn ce le mostra come capi, guerriere e Matriarche, guida delle tribù protagoniste del gioco, che nella narrazione applicano ma anche ri-discutono le regole dominanti che loro stesse sono chiamate ad applicare. Penso alla scena del gioco in cui viene superata la rigida regola sull’esclusione di Nora in quanto emarginata.
Nel testo poi viene giustamente sottolineato, con un equilibrio che personalmente ho apprezzato molto, come questo tipo di rappresentazioni femminili oscilli in vari modi da discussione di modelli culturali esistenti bisognosi di rinnovamento, ma allo stesso tempo rischia di “cristallizzare” ed estremizzare alcuni aspetti del femminile, come la dimensione della “cura” dal punto di vista femminile che emerge sempre in Horizon Zero Dawn.
Uno dei meriti di questo libro è sicuramente la descrizione e la messa in discussione non solo e non tanto degli stereotipi sul femminile che possono esistere, ma sulle conseguenze dirette che possono avere sui diritti delle persone. Per coincidenza un tema su cui sto lavorando in questo ultimo periodo.
L’intreccio tra background culturale, ecosistemi religiosi e questioni di genere presente in questo Volume ci ricorda non solo la complessità di queste questioni, che il videogioco aiuta a sperimentare proprio perché diventa una “messa in scena” virtuale ma piena di concretezze della realtà.
Ci ricorda anche che il problema non è solo la formazione di uno stereotipo nella mente di una persona, ma quando lo stereotipo è “agito”, ossia diventa un’etichetta che non riusciamo a sciogliere, una semplificazione che non possiamo/vogliamo evitare e che ci porta a discriminare un’altra persona.
Penso per esempio allo stereotipo per cui le donne di fede musulmana che portano il velo siano vittime di una cultura opprimente e patriarcale, e “noi bravi occidentali” dobbiamo “salvarle”, quando invece le ricerche hanno effettivamente fatto parlare queste donne hanno messo in luce come il porto del velo fosse un modo consapevole per riaffermare la propria identità. Come capita in quei videogiochi creati apposta per esprimere l’identità musulmana, anche da parte delle donne.

I frequenti riferimenti religiosi nei lavori di Francesco Toniolo mostrano quella che credo sia un’integrazione naturale dei suoi studi sul videogioco con quelli che io porto avanti come studioso di Diritto e Religione. Per me lavori come quello di PlayHer sono particolarmente fruttuosi e utili, e spero possano essere almeno altrettanto quei contributo che io stesso posso dare in questo senso ai game studies. La sensibilità di Francesco per agli aspetti religiosi nel gaming del resto (anche se ammetto di essere stato io per primo a disturbarlo per parlargli del mio campo di ricerca) ci ha di frequente messo in contatto, come sa bene chi segue questa newsletter e il canale Youtube di Francesco, che ospitano alcune delle nostre chiacchierate.
Io e Giulia poi siamo accomunati dagli studi giuridici, e lei ha la grande capacità di scrivere e sintetizzare il diritto senza renderlo complicato o noioso, cosa per niente facile, perché come si sa nel diritto più si scrive, più si rischia di sbagliare. Il capitolo sul videogioco Disco Elysium racconta due donne imprenditrici con prospettive diverse sul capitalismo e le difficoltà che pone un lavoro simile, integrandolo con una narrazione giuridica che fornisce il giusto contesto per far entrare il lettore in sintonia con queste donne.
Non scrivo altro per non “spoilerare” oltre i tanti e numerosi spunti interessanti di questo libro, vi lascio solo con un grande invito a leggerlo.
Si dice spetto che “un libro è un’idea”. Beh, dell’idea dietro a PlayHer, si sentiva proprio il bisogno.
Potete acquistare PlayHer. Rappresentazioni femminili nei videogiochi sul sito dell'editore:
https://shop.tlon.it/prodotto/playher-rappresentazioni-femminili-nei-videogiochi-giulia-martino-francesco-toniolo/
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